A volte mi capita di pensare ad alcuni temi e poi... leggere o ascoltare discorsi che sembrano i miei.
O che, più semplicemente, mi piacerebbe che lo fossero ;)
Succede raramente, ma quando capita è qualcosa di magico, quasi surreale... Ed è quello che mi è successo assistendo allo spettacolo di Roberto Mercadini "La bellezza delle parole". Un excursus che, partendo dall’esplosione delle lingue di Babele, ha attraversato epoche e luoghi diversi.
Uno spettacolo inserito nella programmazione del 9° festival Montagne Racconta che ha portato nelle Valli Giudicarie e più precisamente nella piccola frazione di Montagne - comune di Tre Ville - artisti di livello nazionale ed internazionale.
La narrazione di Mercadini ha messo in luce "Paradossi e prodigi del linguaggio" - come lui li definisce. Racconti che hanno messo a fattor comune l'importanza del linguaggio in tutte le sue forme. Dalla forza del suono al loro contenuto andando al di là della semplice grafia.
Riflessioni su cui, occupandomi di comunicazione, inciampo e mi soffermo spesso e volentieri anch'io - come si può intuire dai post precedenti (ad esempio "Il valore e il significato delle parole" o "E tu... che tipo sei?").
C'è una parola però su cui la mia mente non si era ancora soffermata - scelta invece dall'attore nel suo monologo. Si tratta di un vocabolo che mi piace molto, ma che ormai - temo - abbia perso il suo significato originale per lasciare spazio ad una serie di conseguenze prettamente negative. Sto parlando della retorica, quell'arte studiata e utilizzata sin dai tempi antichi per sottolineare la capacità di saper parlare in pubblico incantando e appassionando i propri ascoltatori.
Oggi però, se etichettiamo un discorso come "retorico" la nostra associazione mentale, aggiungo inconsapevolmente, è a qualcosa di negativo: qualcosa di simile ad un contenitore vuoto, sono SOLO parole.
In effetti, chi sa parlare bene "può dire tutto e il contrario di tutto", ma anche qui credo sia importante fare alcune distinzioni. Non è sempre così ed il rischio di "buttare il bambino con l'acqua sporca" è, a mio modo di vedere, dietro l'angolo. Molti "grandi" della storia hanno potuto "cambiare le cose" partendo dalla propria capacità di comunicare: perchè le idee, se comunicate bene, trasmettono la passione e il sentimento che c'è dietro... non quindi SOLO parole, ma ANCHE a parole.
p.s.: Ovviamente mi sono concentrata su questo aspetto, ma gli spunti di riflessione nati dallo spettacolo "La bellezza delle parole" sono molti, molti di più...
ora nell'attesa di rielaborare il tutto... cercherò di trovare il tempo per leggermi il libro "Storia perfetta dell'errore" edito da Rizzoli. ;)